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2Timoteo 4,2 Predica la Parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza.

venerdì 23 marzo 2012

Gesù, un estraneo per i figli di sua madre Maria


Gesù un estraneo per i figli di sua madre Maria

 

Come noi cristiani sappiamo bene, l'AT è colmo di profezie che riguardano il Signore Gesù, la sua venuta sulla terra e la sua opera di salvezza per noi.

E'interessante meditare per esempio il Salmo 69 che noi non abbiamo alcuna difficoltà ad applicare dal versetto 7 al v.9 al Signore Gesù:

7 Per amor tuo io sopporto gli insulti, la vergogna mi copre la faccia.
8 Sono un estraneo per i miei fratelli, un forestiero per i figli di mia madre.
9 Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,gli insulti di chi ti oltraggia sono caduti su di me

Vediamo ora ad esempio il versetto 7:

Per amor tuo io sopporto gli insulti, la vergogna mi copre la faccia.

ed ecco il suo adempimento nel NT:

spogliatolo (Gesù), gli misero addosso un manto scarlatto; intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra e, inginocchiandosi davanti a lui, lo schernivano, dicendo: «Salve, re dei Giudei!» E gli sputavano addosso, prendevano la canna e gli percuotevano il capo (Matteo 27,28-30)

E' evidente che si riferisce a Gesù Cristo.

Lasciamo per ora da parte il  versetto 8 e vediamo invece il versetto 9 nella sua prima parte:

…poiché mi divora lo zelo per la tua casa (Salmo 69,9a)

ed ecco il suo adempimento nel NT, qui è davvero chiaro perché è il NT stesso cita il salmo 69 applicandolo a Gesù Cristo:

La Pasqua dei Giudei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio quelli che vendevano buoi, pecore, colombi, e i cambiavalute seduti. Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi; sparpagliò il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole, e a quelli che vendevano i colombi disse: «Portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato».  E i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi consuma». (Giovanni 2,13-17)

Ecco ora invece la seconda parte del versetto 9:
gli insulti di chi ti oltraggiano sono caduti su di me (Salmo 69,9b)

Ecco anche qui l'adempimento nel NT; come vediamo lo applica a Gesù, senza dubbio alcuno:

Infatti anche Cristo non compiacque a sé stesso; ma come è scritto: «Gli insulti di quelli che ti oltraggiano sono caduti sopra di me». (Romani 15,3)

Spero che sia chiaro che i versetti 7 e 9 sono stati profeticamente riferiti a Cristo, ora passiamo al nodo cruciale della nostra riflessione:

Chiediamoci: a chi sarà applicato il versetto 8?

Come abbiamo visto i versetti 7 e 9 sono chiaramente applicati a Gesù Cristo, ed è evidente che si applica a Lui pure il versetto 8:

Sono un estraneo per i miei fratelli, un forestiero per i figli di mia madre. (Salmo 69,8)

Che vediamo adempiuto nel NT:

Perciò i suoi fratelli gli dissero: «Parti di qua e va' in Giudea, affinché i tuoi discepoli vedano anch'essi le opere che tu fai. Poiché nessuno agisce in segreto, quando cerca di essere riconosciuto pubblicamente. Se tu fai queste cose, manifèstati al mondo». Poiché neppure i suoi fratelli credevano in lui. Gesù quindi disse loro: «Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo, invece, è sempre pronto. (Giovanni 7,3-6)

Vediamo quindi Gesù trattato dai suoi fratelli come un estraneo, non riconosciuto, malvisto, considerato fuori di sè, (sicuramente si vergognavano di lui e fingevano di non conoscerlo, basti pensare che fece questo Pietro che era un credente in Lui figuriamoci coloro che in Lui non credevano) provocato da essi ironicamente affinché manifesti pubblicamente la sua missione.

C'è forse qualcun altro che nel NT è stato disprezzato e mal considerato dai propri fratelli? dai figli della sua stessa madre?

No.

Anzi ci sono altre prove della pessima considerazione, profetizzata dal salmo 69, che i fratelli di Gesù avevano di Lui:

I suoi parenti, udito ciò, vennero per prenderlo, perché dicevano: «È fuori di sé»....Giunsero sua madre e i suoi fratelli; e, fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare (Marco 3,21.31)

E' chiaro che se pensavano che fosse fuori di sé non credevano in Lui.
Anche Maria come loro, probabilmente aveva dei dubbi o non aveva ancora ben compreso la missione di suo figlio, perché suggestionata dai suoi figli, e dal popolo intorno, un po’ per mancanza di comprensione spirituale, da lei già manifestata in passato:

Ed egli (Gesù a 12 anni) disse loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?» Ed essi (Maria e Giuseppe) non capirono le parole che egli aveva detto loro (Luca 2,49-50)

E' umano avere dei dubbi su Dio, avere timori e incertezze anche dopo avere visto opere straordinarie, accadde anche a Giovanni Battista, il quale al Battesimo nel Signore vide questo fatto straordinario:

Gesù, appena fu battezzato, salì fuori dall'acqua; ed ecco i cieli si aprirono ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dai cieli che disse: «Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». (Matteo 3,16)

Ed ebbe ancora dubbi sulla messianicità di Gesù dopo questo fatto:

Giovanni, (Battista) avendo nella prigione udito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?» Gesù rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri (Matteo 11,2-5)

Ecco quindi chiaro il senso della nostra analisi, visto che il versetto 7 si applica a Gesù, il versetto 9 si applica a Gesà, possiamo applicargli anche il versetto 8 che sta in mezzo ad essi e conferma che I fratelli di Gesù erano figli di sua madre Maria!

Profezia:

…un forestiero per i figli di mia madre (Salmo 69,8)

Adempimento:

…neppure i suoi fratelli (figli di sua madre) credevano in Lui (Giovanni 7,5)



Va pure detto che Sal 69,8 è una profezia che non può che riguardare Gesù perchè Il Re Davide autore del Salmo 69 non fu MAI disconosciuto dai figli di sua madre, come invece accadde a Gesù Cristo, e prima a Giuseppe figlio di Giacobbe (che è figura profetica di Cristo e anche egli come Gsù fu disprezzato e non riconosciuto dai suoi fratelli, che non accettavano la sua chiamata superiore alla loro, questo era un segno che prefigurava ciò che avrebbe dovuto soffrire Gesù.)
I fratelli di Davide invece combattevano insieme a lui:
Davide lasciò al guardiano dei bagagli le cose che portava, e corse alla linea di battaglia; appena la raggiunse chiese ai suoi fratelli come stavano (1Sam 17,22)
Davide partì di là e si rifugiò nella spelonca di Adullam. Quando i suoi fratelli e tutta la famiglia di suo padre lo seppero, scesero là per unirsi a lui (1Sam 22,1)
L'unica incomprensione tra Davide e i suoi fratelli la vediamo quando disse ad uno di loro che voleva sfidare il gigante Golia, ed egli lo redarguì dal farlo (1Sam 17,28-30) ma se usiamo un pò di buon senso questo non può essere l'adempimento di "sono un estraneo per i miei fratelli, un forestiero per i figli di mia madre" questo deve essere avvenuto a qualcun altro che subì ripetutamente incomprensioni dai figli di sua madre che non lo riconscevano più come loro fratello...il fatto che adirittura i suoi fratelli minori non credessero in lui, neppure loro che avrebbero dovuto esserGli sottomessi!

neppure i suoi fratelli credevano in Lui (Gv 7,5)
 e lo considerassero "fuori di sè" (Mr 3,21) mostra che il Signore visse una profonda umiliazione anche all'interno di casa sua.
disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria e in casa sua». (Mt 13,57)


martedì 20 marzo 2012

Primogenito di Maria


La Bibbia parla di Gesù come del primogenito (prototokos) di Maria:

egli non la conobbe, finché ella ebbe partorito il suo figlio primogenito, (prototokos) al quale pose nome Gesù (Mt 1,25)

Ella diede alla luce il suo figlio primogenito (prototokos(Lc 2,7)

Questo termine significa semplicemente "primo figlio nato" (sono state trovate tombe sui cui era scritto "Tizia morì partorendo il suo primogenito") ma nella stragrande maggioranza dei casi, circa 80 volte su 86 in cui questo termine appare nella Bibbia, questo termine veniva inteso con un significato più esteso ed intendeva il primo di molti altri figli.

Analizzando questo onestamente arriviamo alla conclusione che si tratti del primo di altri fratelli, specie se teniamo conto che si parla espressamente e senza specificazioni dei "fratelli" (Mr 6,3) di questo "figlio primogenito".

Tizio ha fame, va a comprare il pane e non lo mangia finché non è arrivato a casa.

Caio va a lavorare e non viene pagato finché non ha terminato il suo mese di lavoro.

Quando c'è una frase che esprime un azione per un soggetto e delle conseguenze che sono ben precise è ovvio che il senso della frase è quello letterale: Tizio arrivato a casa mangerà il pane perchè era andato a comprarlo per mangiarlo, e Caio verrà pagato per il suo lavoro.

Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l'angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie; e non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù (Mt 1,24-25)

In questo caso è evidente dal contesto che Giuseppe non ebbe rapporti sessuali con Maria fino alla nascita di Gesù, ma che dopo li ebbe.

Se l'Apostolo Matteo avesse voluto raccontare un fatto storico, ovvero che Giuseppe per tutta la sua vita non ebbe mai rapporti con Maria, lo avrebbe qui esplicitato, non avrebbe lasciato una frase che letta nel suo senso letterale fa chiaramente pensare al fatto che trai i due marito e moglie ci furono rapporti sessuali, come pure i relativi figli che erano segno di benedizione da parte di Dio

Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi" (Gen 1,28)

I figli sono un dono che viene dal Signore; il frutto del grembo materno è un premio (Sal 127,3)

In tutto l'AT e pure nel NT non è mai valorizzato il celibato all'interno del matrimonio, ci sono esempi di persone che rimasero vergini come Geremia, il Battista, Paolo, ma mai esse erano persone sposate, sempre invece viene dato valore ad una famiglia numerosa come segno di benedizione da parte di Dio, e segno di maledizione invece le famiglie senza figli o con pochi.

Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla a infamia, si propose di lasciarla segretamente. Ma mentre aveva queste cose nell'animo, un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati». Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:  «La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele», che tradotto vuol dire: «Dio con noi». (Mt 1,19-23)

Questo angelo mandato da Dio a Giuseppe non gli fa alcun accenno del fatto che avrebbe dovuto rimanere vergine a vita e fare un matrimonio "di copertura" solo per coprire Maria, ma gli disse che non si doveva preoccupare per l'origine del bambino che era nel grembo di Maria, ma che avrebbe dovuto prenderla con sè a vivere, il che equivaleva implicitamente ad avere (dopo la nascita di Gesù) rapporti sessuali.

Maria era già considerata da Dio moglie di Giuseppe perchè tra la decisione di due giovani di sposarsi e il matrimonio celebrato essi erano già considerati legalmente sposi. Per questo nessuno si scandalizzò del fatto che Maria rimase incinta e tutti pensarono che Gesù fosse figlio di Giuseppe.

Dio non ha mai considerato peccato i rapporti sessuali tra marito e moglie, e come dice l'angelo Maria era considerata da Dio moglie di Giuseppe; non vediamo quindi come si può pensare che Giuseppe unendosi a Maria avrebbe commesso peccato!

Il fatto di un matrimonio non consumato era una cosa talmente opposta alla mentalità semitica che se così fosse stato Matteo non avrebbe certamente mancato di segnalarlo esplicitamente, il fatto stesso che abbia detto che i due non ebbero rapporti fino alla nascita di Gesà, presuppone implicitamente che dopo i rapporti sessuali tra di loro ci furono:

Non privatevi l'uno dell'altro, se non di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera; e poi ritornate insieme, perché Satana non vi tenti a motivo della vostra incontinenza (1Cor 7,5)

Va anche detto che per lo stesso diritto canonico della chiesa cattolica un matrimonio non consumato non è un matrimionio valido davanti a Dio ed in questi casi su richiesta viene annullato!

Codice di diritto canonico, cap III
can.1967 I soli coniugi, o uno di essi benché l'altro sia contrario, hanno diritto di chiedere la grazia della dispensa dal matrimonio rato e non consumato

Bibbia TOB (Traduzione Ecumenica della Bibbia)

 

Pagina 2321 Nota in calce a Lc 1,34
Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo»
In questo contesto conoscere ha il senso biblico di avere rapporti coniugali (Gen 4,1.17.25; 19,8; 24,16...) Maria sposata a Giuseppe è ancora vergine (v.27). L'angelo le annunzia che sta per essere madre (v.31). Come in Gdc 13,5.8. ella comprende che lo sarà ben presto. Allora obietta che non ha relazioni coniugali con Giuseppe, e la sua domanda introduce la rivelazione dell'angelo. Qualcuno suppone che la domanda di Maria significhi: io non voglio conoscere alcun uomo; le si attribuisce in tal caso la volontà di rimanere vergine, ma il presente del verbo indica uno stato, non una volontà.

Se uno si corica con la moglie di suo zio, vìola l'intimità di suo zio; tutti e due porteranno la pena del loro peccato; moriranno senza figli (Lev 20,20)


Se dei fratelli staranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si sposerà fuori, con uno straniero; suo cognato verrà da lei e se la prenderà per moglie, compiendo così verso di lei il suo dovere di cognato (Dt 25,5)

Morire senza figli era un disonore, e tanto importante che la discendenza fosse trasmessa che non si vede il motivo per cui Dio avrebbe dovuto proibire a Giuseppe di avere dei discendenti.

Come pure abbiamo dimostrato sopra citando un testo esegetico cattolico Maria non aveva fatto alcun voto di verginità, dato che ella era in procinto di sposarsi.
Perchè avrebbe avuto intenzione di sposarsi se sua intenzione era rimanere vergine? In tal caso sarebbe stato più ovvio che ella non prendesse alcun marito. Invece il NT ci dice che era già legalmente sposata con Giuseppe.
Come abbiamo detto primogenito siginifica semplicemente primo figlio nato. Notiamo tuttavia che in nessun caso in cui si parli di fratelli di un primogenito questi non sono fratelli ma cugini.

Questo può essere provato leggendo tutte le 86 volte in cui questo termine è presente nella Bibbia e vedremo che nella stragrande maggioranza, lo rende nell'accezione estesa sebbene non letterale del termine di "primo di altri figli", e non abbiamo motivo (salvo le tradizioni umane) di pensare che per Gesù fosse stato diversamente.

Ecco come prova, tutti i versetti della Genesi, il primo libro della Bibbia in cui troviamo la parola primogenito. All'onestà del lettore decidere se in questi casi il termine nel contesto significa "primo figlio nato" o "primo figlio di molti suoi fratelli"

primogenito

Questa espressione appare nella Bibbia in 86 versetti (sono di seguito mostrati tutte le volte in cui è presente nel libro della Genesi, ricerca tratta dal sito http://www.laparola.net/)

Genesi 10:15

Canaan generò Sidon, suo primogenito, e Chet,

Genesi 22:21

Uz, il primogenito, Buz, suo fratello,

Genesi 25:13

Questi sono i nomi dei figli d'Ismaele, secondo le loro generazioni: Nebaiot, il primogenito d'Ismaele; poi Chedar, Adbeel, Mibsam,

Genesi 27:19

Giacobbe disse a suo padre: «Sono Esaù, il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai detto. Àlzati, ti prego, mettiti a sedere e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica».

Genesi 27:32

Suo padre Isacco gli disse: «Chi sei tu?» Ed egli rispose: «Sono Esaù, tuo figlio primogenito».

Genesi 35:23

I figli di Giacobbe erano dodici. I figli di Lea: Ruben, primogenito di Giacobbe, Simeone, Levi, Giuda, Issacar, Zabulon.

Genesi 36:15

Questi sono i capi dei figli di Esaù: figli di Elifaz, primogenito di Esaù: il capo Teman, il capo Omar, il capo Sefo, il capo Chenaz,

Genesi 38:6

Giuda prese per Er, suo primogenito, una moglie che si chiamava Tamar.

Genesi 38:7

Ma Er, primogenito di Giuda, era perverso agli occhi del SIGNORE; e il SIGNORE lo fece morire.

Genesi 41:51

Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, perché disse: «Dio mi ha fatto dimenticare ogni mio affanno e tutta la casa di mio padre».

Genesi 43:33

Ma essi sedevano di fronte a lui, dal primogenito, secondo il suo diritto di primogenitura, fino al più giovane secondo la sua età; e si guardavano l'un l'altro stupiti.

Genesi 48:18

Giuseppe disse a suo padre: «Non così, padre mio, perché questo è il primogenito; metti la tua mano destra sul suo capo».

Genesi 49:3

Ruben, tu sei il mio primogenito,
la mia forza, la primizia del mio vigore, eminente in dignità ed eminente in forza.

Chiarifichiamo ancora l'argomento.

Visto che nella Bibbia abbiamo numerosi primogeniti con i loro fratelli, perchè nel caso di Gesù che è anche Egli proprio come loro chiamato primogenito ed è detto che ha dei fratelli, dovremmo dire che sono suoi cugini?

L'unico motivo sono le tradizioni preconcette che ci sono state inculcate.


Uz, il primogenito, Buz, suo fratello (Gen 22,21)

Parallelo col NT

Gesù il primogenito (Mt 1,25), Giacomo suo fratello (Gal 1,19)

Penso che a nessuno sia mai passato per l'anticamera del cervello di dire che Buz era "cugino" di Uz. 

Se non abbiamo preconcetti e dogmi da difendere vedremo Gesù e Giacomo allo stesso modo. 


Se leggiamo che Pietro è fratello (adelfos) di Andrea crediamo serenamente che siano figli della stessa madre, perchè non facciamo lo stesso quando leggiamo che Giacomo è fratello (adelfos) di Gesù?

L'unica risposta possibile è che lo stesso termine viene interpretato diversamente per una veduta aprioristica quando nulla nel contesto lo impone, come invece è necessario fare quando viene usato per indicare i fratelli in Cristo che condividono la stessa fede o l'appartenenza etnica ad Israele.

e Matteo avesse voluto dirci che Giuseppe e Maria non si unirono mai, perchè non lo ha fatto, come ha fatto Mosè quando ha trattato di un caso molto meno importante?

Gen 38,26 Giuda li riconobbe e disse: «È più giusta di me, perché non l'ho data a mio figlio Sela». Ed egli non ebbe più relazioni con lei.

Matteo 1,25 e non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio

Cosa era più importante?

Specificare che Giuda non ebbe più rapporti con Tamar o specificare che Giuseppe non ebbe mai rapporti con Maria?

Certamente la seconda opzione.

Con questo non voglio dire che Mt 1,25 dimostri che dopo Giuseppe ebbe rapporti con Maria, ma l'argomentazione va in realtà rovesciata; se davvero ci fosse stata questa così insolita astinenza nel matrimonio, l'autore ispirato avrebbe dovuto mettere nel testo almeno una frase per ricordarla in modo chiaro ed indiscutibile.. dato che ha riportato la stessa cosa in una situazione molto più secondaria.

Lo stesso Spirito che ha ispirato Mosè in Genesi, ha ispirato anche Matteo nel suo evangelo ed è molto strano che non gli abbia detto di aggiungere una frase che avrebbe posto fine ad ogni dubbio sulla verginità eterna di Maria. Se davvero Maria è rimasta vergine tutta la vita, come mai la Scrittura afferma solo della sua verginità prima della nascita di Gesù? Su quale base possiamo affermare con certezza dogmatica qualcosa che la Scrittura non si è preoccupata di mostrarci? Come mai invece la Scrittura si è preoccupata di toglierci dubbi nel caso di Tamar e non lo ha fatto nel caso di Maria?

La risposta è semplice: per Matteo era ovvio che due coniugi avessero rapporti sessuali, come dice anche Paolo in

1Cor 7,5: non privatevi l'uno dell'altro, se non di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera; e poi ritornate insieme.




Nicola Martella e il battesimo con lo Spirito Santo







Introduzione
Nicola Martella, che è un noto studioso biblico appartenente a quel gruppo di Chiese Evangeliche chiamate ‘Chiese dei fratelli’, nel suo libro Carismosofia, nel suo insensato sforzo di confutare quello che la Scrittura afferma sul battesimo con lo Spirito Santo come seconda esperienza dopo la conversione (esperienza che è sempre accompagnata dal parlare in lingue), afferma in merito al battesimo con lo Spirito Santo: 


‘Dobbiamo credere al «battesimo dello Spirito Santo»? Sì, certamente; ma in ogni modo non a quello carismatico ma a quello biblico. Noi crediamo che il cosiddetto «battesimo dello Spirito Santo» coincida con la nuova nascita e abbia luogo nel momento di una conversione genuina. La dottrina carismatica, secondo cui il battesimo di Spirito si manifesti con il parlare in lingue, è ideologia e non dottrina biblica. Paolo afferma espressivamente che ognuno è stato battezzato con (mediante) lo Spirito Santo (passato!), ma che non è da tutti parlare in lingue (1 Cor 12,4.13.30; la glossolalia è sempre all’ultimo posto! 1 Cor 12,10.27.30; 14,20ss)’ (Nicola Martella, Carismosofia, 1995, pag. 37).
E per avvalorare questa sua tesi afferma quanto segue sui circa dodici discepoli che Paolo incontrò ad Efeso: 


‘Nel «campo entusiastico» si afferma che Atti 19,1-7 mostri che si possa venire battezzati di Spirito dopo essere diventati discepoli di Cristo. Non confondiamo le carte … e i discepoli! In Efeso i discepoli incontrati erano stati battezzati solo col battesimo di Giovanni ed erano quindi discepoli del Battista (At 19,2s). Paolo dovette istruirli non solo su Gesù ma anche sullo Spirito Santo, di cui ignoravano addirittura l’esistenza! In questo caso, l’accompagnamento delle lingue e della profezia alla conversione e all’effusione dello Spirito doveva dimostrare alla «comunità battista» di Efeso la superiorità di Cristo su Giovanni, del Signore sul suo precursore (cf. Mc. 1,8). C’è da notare che Paolo attesta come cosa scontata che lo Spirito Santo si riceve nel momento in cui si crede in Gesù Cristo (v. 2)’ (Nicola Martella, op. cit., pag. 41). E non solo, Martella, siccome deve provare che quello che dice è giusto afferma che ‘la comunicazione dello Spirito Santo rigenerante non avvenne al momento in cui i discepoli di Giovanni esercitarono la fede in Gesù quale Messia e furono battezzati, ma solo mediante l’atto dell’imposizione delle mani (At 19)’. http://puntoacroce.altervista.org/DizBB/Imposizione_Spirito_Car.htm

Dunque, quei circa dodici uomini quando credettero non furono rigenerati, perché lo furono solo dopo che Paolo impose le sue mani su di loro!


Una cosa molto simile avvenne anche ai credenti di Samaria, che secondo Martella non furono neppure loro rigenerati quando credettero: 


‘Similmente l’atto dell’imposizione delle mani si rese necessario per motivi storici e teologici anche nella questione giudeo-samaritana (At 8). La fede dei Samaritani in Gesù non coincise con il momento della rigenerazione né lo fu il battesimo. Anche qui bisognava risolvere prima il contenzioso storico-teologico fra Giudei e Samaritani, che perdurava da secoli. I Samaritani, facendosi imporre le mani dagli apostoli della chiesa di Gerusalemme, si sottomettevano a loro e riconoscevano che «la salvezza viene dai Giudei» (Gv 4,22), anzi dal giudeo Gesù, che diventava così anche il loro Messia’.
Confutazione
Adesso passerò a dimostrare la falsità di quello che dice Nicola Martella, e questo lo voglio fare per mostrare ancora una volta – se qualcuno ne avesse ancora bisogno – quanto quest’uomo non solo non conosca le Scritture, ma come anche usi l’astuzia del serpente antico per far sparire davanti agli occhi di tanti credenti parti importanti del consiglio di Dio.
La differenza tra il battesimo ministrato dallo Spirito Santo e quello ministrato da Cristo, e tra le lingue come segno e le lingue come dono
Ora, Nicola Martella cita due passi che secondo lui fanno cadere tutta la dottrina dei Pentecostali sul battesimo con lo Spirito Santo, e questi passi sono i seguenti: il primo è: “Infatti noi tutti abbiam ricevuto il battesimo di un unico Spirito per formare un unico corpo, e Giudei e Greci, e schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un unico Spirito” (1 Corinzi 12:13); e il secondo è: “Parlan tutti in altre lingue?” (1 Corinzi 12:30).
Secondo lui, come del resto secondo tutti quelli che rifiutano le lingue come segno esteriore ed iniziale del battesimo con lo Spirito Santo, questi passi dicono chiaramente che tutti i credenti sono stati battezzati con lo Spirito Santo quando hanno creduto ma non tutti parlano in altre lingue. Dunque non c’è da aspettare o bramare, dopo avere creduto, il battesimo con lo Spirito perché lo si è già ricevuto; e non solo, ma quando lo si riceve non occorre necessariamente parlare in altre lingue.
Martella però fa due errori. Innanzi tutto egli scambia il battesimo di cui parla Paolo ai Corinzi (cfr. 1 Corinzi 12:13) con il battesimo con lo Spirito Santo, infatti qui Paolo sta parlando di un altro battesimo e precisamente di quello che compie lo Spirito Santo sul credente quando lo inserisce nel corpo di Cristo, mentre quando si parla del battesimo con lo Spirito si parla di un battesimo ministrato da Cristo Gesù secondo che disse Giovanni: “Egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e con fuoco” (Matteo 3:11). Quindi? Quindi non è vero che tutti coloro che hanno creduto sono stati battezzati da Cristo con lo Spirito Santo; è vero però che tutti coloro che hanno creduto sono stati battezzati dallo Spirito Santo nel corpo di Cristo.
L’altro errore che fa Martella è quello di non tenere presente che Paolo dicendo che non tutti parlano in lingue non ha inteso dire che non tutti coloro che sono stati battezzati con lo Spirito Santo parlano in altre lingue, ma che non tutti hanno il dono della diversità delle lingue che lui menziona tra i doni spirituali. Lui infatti quando nel dodicesimo capitolo di prima Corinzi parla delle lingue ne parla in primo luogo in riferimento al dono della diversità delle lingue che è la capacità data dallo Spirito Santo di parlare diverse lingue straniere. E che sia così è confermato dal fatto che poco prima di domandare “parlano tutti in altre lingue?”, Paolo dice che Dio ha costituito nella Chiesa “la diversità delle lingue” (1 Corinzi 12:28). Dunque le parole di Paolo vogliono dire che non tutti i credenti hanno il dono della diversità delle lingue, il che è vero, come è vero che non tutti sono apostoli, non tutti sono profeti, non tutti sono dottori, non tutti fanno miracoli, non tutti hanno doni di guarigioni, non tutti interpretano. Quindi Martella ancora una volta dimostra di non tagliare rettamente la parola di Verità. Proprio lui che suggerisce quindi di tagliare rettamente la parola di verità per non rimanere confusi, rimane confuso appunto perché non taglia rettamente la Parola di Dio.
La ricezione dello Spirito Santo, intesa come il battesimo con lo Spirito Santo, avviene dopo avere creduto nel Signore
Martella nel suo libro nel parlare del quando si riceve lo Spirito Santo o il battesimo con lo Spirito Santo, afferma che i Pentecostali sono nell’errore nell’affermare che esso si riceve dopo avere creduto.
E’ falso quello che lui afferma; perché? Perché lui non fa una distinzione tra la ricezione dello Spirito Santo che avviene quando si nasce di nuovo e quella invece che avviene dopo, cioè quando si viene riempiti di Spirito Santo che costituisce il battesimo con lo Spirito Santo. E’ vero che quando si nasce di nuovo lo Spirito Santo entra nel credente e viene a dimorare in lui, attestando così che egli è un figlio di Dio, ma differente è la ricezione dello Spirito Santo all’atto del battesimo con lo Spirito Santo, perché in quest’ultimo caso si viene riempiti di Spirito Santo; per dirlo in altre parole, quando si crede si riceve una misura di Spirito Santo mentre quando si viene riempiti di Spirito Santo (o si viene battezzati con lo Spirito Santo) si riceve una misura maggiore di Spirito Santo. Per spiegare questo concetto con la Parola di Dio e dimostrare così l’errore che fa Martella citerò l’esempio degli apostoli.
Ora, gli apostoli avevano creduto nel Signore, per cui avevano ottenuto la remissione dei loro peccati mediante la fede in Cristo, ancora prima che Gesù risorgesse dai morti, infatti Gesù la notte in cui fu tradito parlando di loro disse al Padre: “Io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu m’hai dati dal mondo; erano tuoi, e tu me li hai dati; ed essi hanno osservato la tua parola. Ora hanno conosciuto che tutte le cose che tu m’hai date, vengon da te; poiché le parole che tu mi hai date, le ho date a loro; ed essi le hanno ricevute, e hanno veramente conosciuto ch’io son proceduto da te, e hanno creduto che tu m’hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu m’hai dato, perché son tuoi; e tutte le cose mie son tue, e le cose tue son mie; ed io son glorificato in loro” (Giovanni 17:6-10). Non c’è dunque il minimo dubbio sul fatto che gli apostoli del Signore avessero veramente creduto ancora prima del giorno della Pentecoste. Certo, è vero che dopo essi ebbero uno sbandamento perché lo lasciarono, e in particolare Pietro lo rinnegò tre volte (cosa però di cui si pentì perché egli in seguito si convertì), come anche è vero che essi inizialmente non credettero neppure che Gesù fosse stato visto dalle donne risorto, ma è altresì vero che in seguito essi credettero nella sua resurrezione.
Ora, forse Martella dirà la stessa cosa di Tommaso Heinze: ‘Siamo d’accordo che gli apostoli avevano creduto prima del giorno della Pentecoste, ma prima di quel giorno essi non avevano ricevuto lo Spirito Santo perché ancora Esso non era stato dato, per cui gli apostoli furono una di quelle eccezioni in cui lo Spirito Santo fu ricevuto dopo avere creduto’.
Non è proprio così in tutto e per tutto, infatti è anche scritto che quando Gesù apparve ai suoi discepoli dopo essere risorto disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo” (Giov. 20:22), quindi gli apostoli ancora prima del giorno della Pentecoste avevano lo Spirito Santo. Ovviamente una misura di Spirito Santo, perché la pienezza la ricevettero solo il giorno della Pentecoste quando furono battezzati con lo Spirito. Questo è un punto molto importante su cui gli antipentecostali preferiscono sorvolare e comprendiamo il perché, perché annulla tutto il loro ragionamento. Se infatti gli apostoli ricevettero lo Spirito Santo quando Gesù disse loro: ‘Ricevete lo Spirito Santo’ che cosa ricevettero il giorno della Pentecoste? Ancora una volta lo Spirito Santo? Certo, ma in questo caso, come detto prima, essi ricevettero la pienezza dello Spirito infatti furono ripieni di Spirito Santo cosa che ancora non avevano sperimentato. Detto ancora in altre parole, gli apostoli nel giorno della Pentecoste furono battezzati con lo Spirito Santo.
Dunque che cosa c’è di strano nel sentire dire che quando si crede nella morte e nella resurrezione di Gesù Cristo si riceve una misura di Spirito Santo e poi quando in seguito si viene battezzati con lo Spirito Santo si viene riempiti di Spirito Santo? Se una cosa simile avvenne agli apostoli (non uguale quindi, perché gli apostoli ancora prima che Gesù dicesse loro: ‘Ricevete lo Spirito Santo’ erano figli di Dio), perché mai ci si dovrebbe scandalizzare oggi nel sentirci dire che c’è differenza tra la ricezione dello Spirito Santo al momento della nuova nascita e la ricezione dello Spirito al momento in cui si viene riempiti di Esso?
Dunque, c’è una differenza tra la ricezione dello Spirito quando si crede e la ricezione dello Spirito quando in seguito si viene battezzati con lo Spirito Santo. Nella prima si riceve solo una misura di Spirito e non si riceve potenza e non ci si mette a parlare in lingue, nella seconda si viene riempiti di Spirito Santo, si viene rivestiti di potenza e si comincia a parlare in altre lingue. Gli antipentecostali però con i loro discorsi vorrebbero fare credere che gli apostoli non avevano ricevuto lo Spirito Santo prima del giorno della Pentecoste, la chiamano una eccezione assieme a quella dei credenti di Samaria. Essi vorrebbero far credere che gli apostoli, dato che lo Spirito Santo non era ancora stato dato, non avevano lo Spirito Santo. Siamo d’accordo che gli apostoli non erano ancora stati battezzati con lo Spirito Santo prima del giorno della Pentecoste, e questo perché Gesù prima di ascendere in cielo disse loro: “Poiché Giovanni battezzò sì con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo fra non molti giorni” (Atti 1:5), ma questo non significa che essi non avessero ancora ricevuto per nulla lo Spirito Santo, perché come abbiamo visto quando Gesù apparve loro fece loro ricevere una misura di Spirito Santo soffiando su di loro e dicendo loro: “Ricevete lo Spirito Santo”.
I circa dodici discepoli ad Efeso



Ma veniamo ora ai circa dodici uomini di Efeso che secondo Martella quando Paolo li incontrò non erano discepoli di Cristo.

Luca dice: “Or avvenne, mentre Apollo era a Corinto, che Paolo, avendo traversato la parte alta del paese, venne ad Efeso; e vi trovò alcuni discepoli, ai quali disse: Riceveste voi lo Spirito Santo quando credeste? Ed essi a lui: Non abbiamo neppur sentito dire che ci sia lo Spirito Santo. Ed egli disse loro: Di che battesimo siete dunque stati battezzati? Ed essi risposero: Del battesimo di Giovanni. E Paolo disse: Giovanni battezzò col battesimo di ravvedimento, dicendo al popolo che credesse in colui che veniva dopo di lui, cioè, in Gesù. Udito questo, furon battezzati nel nome del Signor Gesù; e dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano. Erano, in tutto, circa dodici uomini” (Atti 19:1-7).
Vorrei fare notare però che la Riveduta non è corretta a proposito della domanda di Paolo a quei credenti infatti la Diodati dice: “Avete voi ricevuto lo Spirito Santo, dopo che avete creduto?” e così anche la Versione inglese di Re Giacomo (King James Version), il che attesta in maniera chiara che la ricezione dello Spirito, cioè il battesimo con lo Spirito Santo, era consueto che i credenti la sperimentassero dopo avere creduto, e non solo questo, ma anche che fosse accompagnata dal parlare in altre lingue.
Ma torniamo a quei discepoli; erano veramente dei credenti? Certo, e questo lo si deduce dal fatto che nella prima domanda Paolo gli chiese se avevano ricevuto lo Spirito Santo quando (o meglio dopo) che avevano creduto? Avrebbe mai Paolo usato il verbo credere nei loro confronti se essi non fossero già stati dei credenti in Cristo? No, perciò essi avevano veramente creduto che Gesù era il Cristo. E poi, ammesso e non concesso che quegli uomini fossero discepoli di Giovanni Battista, Giovanni aveva proclamato agli uomini che essi dovevano credere in “in colui che veniva dopo di lui, cioè, in Gesù” (Atti 19:4), quindi mi pare ovvio che i discepoli fatti da Giovanni sapevano tutti che il Messia in cui credere non era Giovanni ma Gesù di Nazareth. I discepoli fatti da Giovanni in altre parole erano dei seguaci di Cristo, perché Giovanni era venuto affinchè gli uomini credessero in Cristo per mezzo di lui.
Martella dunque sbaglia grandemente quando dice che in Efeso quei discepoli incontrati da Paolo non erano discepoli di Cristo e che Paolo dovette istruirli su Gesù! Ma come si possono dire simili cose? La Scrittura poi non dice che Paolo li istruì su Gesù, perché essi non solo avevano sentito parlare di Gesù ma ci avevano creduto, e difatti erano discepoli di Cristo.

Vorrei peraltro ricordare che negli Atti quando è menzionato il termine ‘discepoli’ è sempre in riferimento a credenti in Cristo, e quindi a discepoli di Cristo. Ecco le prove:

- “Or in que’ giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio degli Ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell’assistenza quotidiana. E i dodici, raunata la moltitudine dei discepoli, dissero: Non è convenevole che noi lasciamo la parola di Dio per servire alle mense.” (Atti 6:1-2)
- “E la parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche una gran quantità di sacerdoti ubbidiva alla fede” (Atti 6:7)
- “Or Saulo, tuttora spirante minaccia e strage contro i discepoli del Signore, venne al sommo sacerdote” (Atti 9:1)
- “E Saulo rimase alcuni giorni coi discepoli che erano a Damasco” (Atti 9:19)
- “E passati molti giorni, i Giudei si misero d’accordo per ucciderlo; ma il loro complotto venne a notizia di Saulo. Essi facevan perfino la guardia alle porte, giorno e notte, per ucciderlo; ma i discepoli, presolo di notte, lo calarono a basso giù dal muro in una cesta. E quando fu giunto a Gerusalemme, tentava d’unirsi ai discepoli; ma tutti lo temevano, non credendo ch’egli fosse un discepolo” (Atti 9:23-26).
- “E perché Lidda era vicina a Ioppe, i discepoli, udito che Pietro era là, gli mandarono due uomini per pregarlo che senza indugio venisse fino a loro” (Atti 9:38)
- “E fu in Antiochia che per la prima volta i discepoli furon chiamati Cristiani” (Atti 11:26)
- “E i discepoli determinarono di mandare, ciascuno secondo le sue facoltà, una sovvenzione ai fratelli che abitavano in Giudea, il che difatti fecero, mandandola agli anziani, per mano di Barnaba e di Saulo” (Atti 11:29-30).
- “E i discepoli eran pieni d’allegrezza e di Spirito Santo” (Atti 13:52)
- “Ma essendosi i discepoli raunati intorno a lui, egli si rialzò, ed entrò nella città; e il giorno seguente, partì con Barnaba per Derba. E avendo evangelizzata quella città e fatti molti discepoli, se ne tornarono a Listra, a Iconio ed Antiochia, confermando gli animi dei discepoli, esortandoli a perseverare nella fede, e dicendo loro che dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni” (Atti 14:20-22).
- “Giunti colà e raunata la chiesa, riferirono tutte le cose che Dio avea fatte per mezzo di loro, e come avea aperta la porta della fede ai Gentili. E stettero non poco tempo coi discepoli” (Atti 14:27-28).
- “Perché dunque tentate adesso Iddio mettendo sul collo de’ discepoli un giogo che né i padri nostri né noi abbiam potuto portare?” (Atti 15:10)
- “Ed essendosi fermato quivi alquanto tempo, si partì, percorrendo di luogo in luogo il paese della Galazia e la Frigia, confermando tutti i discepoli” (Atti 18:23)
- “Poi, volendo egli passare in Acaia, i fratelli ve lo confortarono, e scrissero ai discepoli che l’accogliessero” (Atti 18:27)
- “Or avvenne, mentre Apollo era a Corinto, che Paolo, avendo traversato la parte alta del paese, venne ad Efeso; e vi trovò alcuni discepoli … “ (Atti 19:1)
- “Ma siccome alcuni s’indurivano e rifiutavano di credere, dicendo male della nuova Via dinanzi alla moltitudine, egli, ritiratosi da loro, separò i discepoli, discorrendo ogni giorno nella scuola di Tiranno” (Atti 19:9)
- “Paolo voleva presentarsi al popolo, ma i discepoli non glielo permisero” (Atti 19:30).
- “Or dopo che fu cessato il tumulto, Paolo, fatti chiamare i discepoli ed esortatili, li abbracciò e si partì per andare in Macedonia” (Atti 20:1)
- “E di fra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trarre i discepoli dietro a sé” (Atti 20:30)
- “E trovati i discepoli, dimorammo quivi sette giorni. Essi, mossi dallo Spirito, dicevano a Paolo di non metter piede in Gerusalemme” (Atti 21:4)
- “E vennero con noi anche alcuni de’ discepoli di Cesarea, menando seco un certo Mnasone di Cipro, antico discepolo, presso il quale dovevamo albergare” (Atti 21:16)
Chissà perché però, per Martella il termine ‘discepoli’ di Atti 19:1 non si riferisce a dei discepoli di Cristo! E’ evidente il motivo, perché Martella deve portare avanti la sua falsa dottrina sul battesimo con lo Spirito Santo che secondo lui si riceve alla nuova nascita o quando si crede, e quindi quei circa dodici discepoli non potevano essere dei Cristiani prima di ricevere il battesimo con lo Spirito Santo. Questo naturalmente significa usare l’astuzia del diavolo, è chiaro questo. Ma sono persuaso che tutto ciò contribuisca a far aprire gli occhi a coloro che vanno dietro le ciance di questo uomo.
E’ vero che quei circa dodici discepoli non avevano ricevuto ancora lo Spirito Santo, ma qui è da intendersi il battesimo con lo Spirito Santo che non salva ma conferisce potenza e una misura di Spirito Santo maggiore di quella che si ha già come credenti.
Ma Martella, senza accorgersene naturalmente, finisce con il contraddirsi in maniera grossolana, infatti afferma: ‘C’è da notare che Paolo attesta come cosa scontata che lo Spirito Santo si riceve nel momento in cui si crede in Gesù Cristo’!
Infatti, ammesso e non concesso che i credenti ricevevano lo Spirito quando credevano, ciò che avvenne quando Paolo impose loro le mani conferma che quando i credenti anticamente ricevevano lo Spirito Santo si mettevano a parlare in altre lingue! Come mai allora oggi – vorremmo domandare noi a Martella e ai suoi contenziosi studenti – quando i credenti ricevono il battesimo con lo Spirito quando credono non si mettono a parlare in altre lingue?!!! Questo è il punto: lo ripeto: ‘Come mai ciò non avviene?’ Formulo la domanda in questi altri termini: ‘Se quando Paolo impose le mani a quei discepoli affinché ricevessero lo Spirito Santo, avvenne quello che succedeva a quei tempi quando i credenti credevano, ciò significa che in quei giorni era normale che quando uno credeva si metteva a parlare in altre lingue; come mai allora oggi quando le persone credono nel Signore non avviene quello che avvenne a quei credenti dopo che Paolo impose loro le mani?’ Il punto in altre parole è proprio questo; se lo Spirito Santo si riceve quando si crede, per forza di cose quando lo si riceve dovrebbe accadere che chi ha creduto si mette a parlare in lingue, perché quei discepoli cominciarono a parlare in lingue quando lo ricevettero; come mai allora oggi quando le persone credono non si mettono a parlare in lingue? E’ evidente il motivo, perché quando esse credono ricevono solo una misura di Spirito Santo e non la pienezza; esse non ricevono il battesimo con lo Spirito Santo. Il battesimo con lo Spirito lo riceveranno in seguito e quando ciò avverrà si metteranno a parlare in altre lingue. Dunque quando uno crede lo Spirito Santo viene a dimorare in lui (quand’anche non sapesse che esiste il battesimo con lo Spirito Santo) in una certa misura, ma quando viene battezzato con lo Spirito Santo riceve una misura maggiore di Spirito Santo. Questo conferma che il battesimo con lo Spirito Santo si riceve DOPO avere creduto nel Signore.
Ma voglio proseguire facendo alcune altre domande: ‘Ammesso e non concesso che sia così come dice Martella, e cioè che il battesimo con lo Spirito Santo si riceveva all’atto del credere, come avviene oggi, ciò significa che era automatico ricevere il battesimo con lo Spirito Santo quando si credeva; come mai allora Paolo impose le mani a quei credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo?’
E poi se fosse stato automatico ricevere il battesimo con lo Spirito Santo quando si credeva, senza che ci fosse nessuna evidenza, come mai Paolo domandò loro se avevano ricevuto lo Spirito Santo QUANDO AVEVANO CREDUTO? Se Paolo credeva che quando si crede si riceve implicitamente lo Spirito Santo, perché mai gli fece quella particolare domanda? Secondo me è logico che Paolo avrebbe dovuto astenersi dal fare una simile domanda a dei discepoli, se avesse creduto che il battesimo con lo Spirito si riceve quando si crede! Se io infatti credessi questo non sarei spinto a fare una simile domanda a dei credenti appena li incontro. Sarebbe come se gli chiedessi se quando hanno creduto hanno ricevuto Cristo. Questo ovviamente conferma che la vera traduzione di quel passo è “Avete voi ricevuto lo Spirito Santo dopo che avete creduto?” Quello che ho voluto dire con tutto ciò è che Paolo non avrebbe mai chiesto a quei credenti se avevano ricevuto qualcosa che si riceve automaticamente quando si crede, perché sarebbe stato come se gli avesse chiesto “Avete voi ricevuto la vita eterna quando avete creduto? o ‘Avete voi ottenuto la remissione dei peccati quando avete creduto?’ o ‘Avete voi ottenuto pace con Dio quando avete creduto?’ e così via. Ma egli chiese loro se avevano ricevuto qualcosa che si riceve DOPO che si crede, e cioè il battesimo con lo Spirito Santo.
Ovviamente Martella, pur sostenendo che quei discepoli incontrati da Paolo non erano discepoli di Cristo, deve per forza riconoscere che quegli uomini quando furono battezzati con lo Spirito (ricordatevi però che secondo Martella questo battesimo si riceve quando si crede) parlavano in lingue; non lo può negare, è evidente. Cosa dice allora in merito a quei circa dodici uomini di Efeso? Perché parlarono in lingue quando ricevettero il battesimo con lo Spirito? Lui dice che ‘l’accompagnamento delle lingue e della profezia alla conversione e all’effusione dello Spirito doveva dimostrare alla «comunità battista» di Efeso la superiorità di Cristo su Giovanni, del Signore sul suo precursore’! Ma non è affatto così, questa risposta è assolutamente falsa, perché ammesso e non concesso che quegli uomini fossero stati membri della ‘comunità battista’ di Efeso, i membri di quella comunità sapevano già che Cristo Gesù era superiore a Giovanni il Battista, e questo perché essi sapevano che Giovanni aveva detto: “Ben vi battezzo io con acqua, in vista del ravvedimento; ma colui che viene dietro a me è più forte di me, ed io non son degno di portargli i calzari; egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e con fuoco” (Matteo 3:11), ed anche: “Io battezzo con acqua; nel mezzo di voi è presente uno che voi non conoscete, colui che viene dietro a me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio de’ calzari” (Giovanni 1:26-27). E quindi la spiegazione data da Martella non regge per nulla.
Infine voglio dire qualcosa sull’affermazione di Martella secondo cui quello di Efeso fu l’ultimo caso di credenti che quando ricevettero il battesimo con lo Spirito (ricordatevi sempre però che secondo Martella questo battesimo si riceve quando si crede) parlarono in lingue; i casi precedenti erano stati quello del giorno della Pentecoste e quello di Cornelio e quelli di casa sua. Lui dice infatti che in quei casi le lingue servivano come conferma del battesimo con lo Spirito, ma più tardi, e precisamente dopo il capitolo diciannove degli Atti, non avvenne più così. Questa deduzione è arbitraria naturalmente, ma serve al Martella per sedurre i suoi lettori.
I credenti a Samaria



Come abbiamo visto, Martella a riguardo dei credenti di Samaria afferma che ‘la fede dei Samaritani in Gesù non coincise con il momento della rigenerazione’, per cui prima i Samaritani credettero e furono battezzati, e poi furono rigenerati quando ricevettero l’imposizione delle mani da parte degli apostoli, il che avvenne tempo dopo.

Vediamo come stanno veramente le cose. La Scrittura dice che essi credettero a Filippo che annunciava loro la buona novella del Regno di Dio e poi furono battezzati (cfr. Atti 8:12). Ora, che essi credettero veramente è fuori di dubbio, per cui essi nacquero da Dio quando credettero. Il fatto è però che viene anche detto che gli apostoli in Gerusalemme vi mandarono Pietro e Giovanni affinché pregassero per loro affinché ricevessero lo Spirito Santo. Come mai? Perché Filippo, l’evangelista, non aveva il dono di imporre le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo.
I credenti di Samaria quindi diventarono dei figli di Dio quando credettero a Filippo, e ovviamente anche loro ricevettero una certa misura di Spirito Santo tramite cui potevano dire di essere dei figli di Dio. Ma quando Pietro e Giovanni pregarono per loro, essi ricevettero la pienezza dello Spirito Santo ossia furono ripieni di Spirito Santo come lo erano stati gli apostoli il giorno della Pentecoste. Il fatto poi che gli apostoli pregarono per quei credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo sta ad indicare che ci sono alcuni fratelli dotati di un particolare dono di Dio che è quello di imporre le mani ad altri fratelli affinché ricevano lo Spirito Santo. E difatti Pietro parlando della potestà di imporre le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo – potestà che aveva sia lui che Giovanni – parlò di “dono di Dio” (Atti 8:20).
Ma poi vorrei dire qualcosa d’altro per confutare le asserzioni di Martella, e cioè che Luca ci dice che “Filippo, disceso nella città di Samaria, vi predicò il Cristo” (Atti 8:5), e quindi dato che poco dopo c’è scritto che i Samaritani credettero a Filippo, secondo che è scritto: “Ma quand’ebbero creduto a Filippo che annunziava loro la buona novella relativa al regno di Dio e al nome di Gesù Cristo, furon battezzati, uomini e donne” (Atti 8:12), è evidente che essi credettero che Gesù era il Cristo. Ma non dice forse Giovanni che “chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chiunque ama Colui che ha generato, ama anche chi è stato da lui generato” (1 Giovanni 5:1)? Ed ancora, non dice sempre Giovanni: “Ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome; i quali non son nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma son nati da Dio” (Giovanni 1:12-13)? Notate come Giovanni dice che coloro che credono nel nome del Figliuolo di Dio sono nati da Dio. E’ evidente dunque che quei credenti di Samaria erano dei figli di Dio, rigenerati da Dio, ancora prima che ricevessero lo Spirito Santo per mezzo dell’imposizione delle mani degli apostoli Pietro e Giovanni.
Ma che va cianciando dunque Martella? E tutto questo perché, lo ripeto, c’è differenza tra la ricezione dello Spirito che avviene alla rigenerazione, in cui una misura di Spirito Santo viene a dimorare nel cuore del credente, e la ricezione dello Spirito, in cui si viene riempiti di Spirito Santo e si comincia a parlare in altra lingua secondo che lo Spirito dà di esprimersi. Qualcuno forse dirà: ‘Ma nel caso dei samaritani non c’è scritto che quando ricevettero lo Spirito parlarono in lingue, e quindi questo conferma che non sempre quando si riceve lo Spirito ci si mette a parlare in altra lingua!’ Le cose però non stanno affatto così perché anche nel loro caso ci fu il parlare in altra lingua, anche se non viene esplicitamente menzionato. Come facciamo a dire questo? Dal fatto che viene detto che Simone vide “che per l’imposizione delle mani degli apostoli era dato lo Spirito Santo” (Atti 8:18); se non ci fosse stato il segno esteriore delle lingue, Simone non avrebbe potuto accorgersi di questo.
Conclusione
Fratelli nel Signore, vi ho dimostrato che Nicola Martella erra grandemente per mancanza di conoscenza delle Scritture e della potenza di Dio. Lui può dire tutto quello che vuole, e così anche i suoi studenti, ma i fatti stanno a dimostrare che le cose stanno così.
Quindi esorto tutti coloro che in una maniera o nell’altra sono in contatto con Martella a ritirarsi da lui, perché mente contro la verità e la contrasta apertamente.
La grazia del nostro Signore Gesù sia con coloro che lo amano con purità incorrotta
Giacinto Butindaro